Sunday, August 2, 2009

Verso il marchio d'area

Fin dagli albori del commercio si registra la volontà di identificare con un grafica rudimentale o con dei colori il proprio prodotto in modo da qualificarlo e differenziarlo rispetto ai concorrenti, tramite un marchio, termine giuridico che riporta alla natura industriale e alla funzione commerciale originaria. Oggi invece assistiamo all'affermazione della marca o meglio delle marche che, nello spazio sociale postmoderno, sono investite del ruolo di crocevia strategico rispetto ai tre motori dell'attuale scenario: economia, consumo e comunicazione. Uno scenario caratterizzato dalla tendenza alla dematerializzazione del consumo, secondo la quale sono in costante aumento le pratiche di consumo nelle quali la parte fisica e materiale è sempre più trascurabile, sostituita dal consumo di idee, emozioni, immaginari e racconti. La logica di marca si è estesa a crescenti ambiti della discorsività sociale, l'attenzione al brand ha trovato spazio nella sfera politica, nelle industrie culturali e nel mondo dello sport. E' necessario partire dal grado di flessibilità ed estendibilità assunta dal brand per comprendere le peculiarità del marchio d'area, ovvero la definizione di un'area territoriale nella quale realizzare una serie di servizi coordinati e complementari volti a far emergere e promuovere le potenzialità presenti. Da un lato funzionando come strumento di posizionamento sul mercato e dall'altro permettendo una maggiore canalizzazione degli interventi sul territorio, rafforzando infine le sinergie tra i diversi stakeholders. Tutto questo favorisce la creazione di contenitori contraddistinti da un equilibrio apparentemente ossimorico tra diversificazione della proposta e coerenza forte a livello di immagine. E' ragionevole dunque pensare che ci sia spazio anche per micro brand legati ad un territorio come appunto il marchio d'area, con comuni e enti locali azionisti di maggioranza e impegnati in prima linea. Questi soggetti sono già tenuti a corrispondere alla fiducia dei cittadini venendo incontro alle loro aspettative sociali, costituendo un legame meno artificioso di quello che si sforzano ad instaurare quotidianamente le imprese multinazionali con i propri consumatori, nel migliore dei casi tramite strategie di ampio respiro legate alla corporate social responsibility.
Dunque gli enti pubblici, proprio per la loro mission, si prestano maggiormente a portare avanti un certo tipo di contratto con il proprio target attraverso una discorsivizzazione veicolabile attraverso la marca e le logiche che in essa risiedono. Se inoltre consideriamo che il contesto politico-sociale è uno degli elementi principali di cui tengono conto le corporation quando analizzano lo scenario nel quale collocare i loro brand, nel caso del marchio d'area ci troviamo di fronte ad una logica di marca portata avanti da soggetti che a loro volta sono influenzatori del contesto nel quale competono altri brand, permettendo ad esso di erigersi a meta-marca all'interno di un'area territoriale privilegiata. A giovarne è prima di tutto l'immagine del luogo, quella che Comboni definisce come il risultato di un processo mentale di semplificazione e sintesi dell'insieme delle credenze, delle informazioni più o meno mediate che il pubblico ha del territorio stesso, il prodotto di un pensiero figurato originato da aspetti tangibili ed altri capaci di andare al di là delle forme rappresentate. Queste forme tangibili possono essere ad esempio gli eventi, un asset fondamentale che ben si sposa con il potenziale innovativo della marca, capace di stimolare una serie di cambiamenti dal punto di visto organizzativo, nella sostanza del fare e nel comunicare. Elementi da tenere in debita considerazione da parte di tutti coloro che intendono sviluppare un marchio in relazione ad una community locale.

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