I processi di acquisito occupano una parte significativa della vita delle persone. Il consumo diventa un linguaggio con il quale esprimere il proprio sé, rivelare aspirazioni e personalità, un modo per costruirsi un’identità, differenziarsi o sentirsi inclusi. Ciò che consumiamo dice molto su di noi, tant’è che esiste una branca della sociologia, chiamata garbology, che studia gli avanzi, gli scarti, i rifiuti della civiltà dei consumi. Anche in questo senso, come direbbe Watzlawick, “è impossibile non comunicare”. Le motivazioni alla base del consumo possono essere generalmente di natura utilitaristica o edonistica. Quest'ultima dimensione spesso prevale nell’agire del consumatore postmoderno: lo shopping come avventura, l’aspetto corale e relazionale degli acquisti in gruppo, l’essere sempre all’ultima moda, i meccanismi di gratificazione, la ricerca del piacere dello sconto, del saldo, dell’offerta… Lo shopping diventa intrattenimento e compete sul mercato del tempo libero delle persone per la “share of time”. In questo senso è evidente come l’ambiente di consumo può determinare l’esito del comportamento di acquisto. La dimensione esperienziale del consumo include l’aspetto fisico e quello sociale. Gli elementi fisici che entrano in gioco sono il décor del punto vendita, i colori, le forme e la disposizione fisica di vuoti e pieni, la musica, i suoni, i rumori e il silenzio, i profumi, gli odori, la temperatura e i materiali. La polisensorialità contribuisce e creare il carattere distintivo di ogni esperienza. Assumono inoltre particolare importanza gli stimoli presenti sul punto vendita, capaci di ingenerare comportamenti di impulso e di rivelare il paradosso del coinvolgimento: le azioni di marketing in store risultano più efficaci proprio per quei beni a basso coinvolgimento. L’aspetto sociale include la presenza di altri consumatori sul luogo del consumo e la qualità delle interazioni con il personale di vendita. Il numero e la tipologia dei co-consumatori può portare ad esperienze radicalmente diverse. In una situazione altamente competitiva, in cui il consumo rientra nei meccanismi di significazione che abbiamo descritto sopra, la capacità di un brand di differenziarsi sulla base dell’esperienza rappresenta un importante vantaggio competitivo. Ciò vale non solo per il settore dei servizi, che per natura sono basati sull’esperienza, ma l'opportunità esiste per ogni brand. Infatti, poiché ogni bene per essere consumato deve essere distribuito, dovunque c’è un punto vendita è possibile progettarne le caratteristiche tenendo conto della store gestalt per far scaturire un’esperienza di consumo che può essere la base per differenziarsi. Con l’affermarsi della Grande Distribuzione, alla brand loyalty si è sovrapposta ed intrecciata alla store loyalty e molte logiche sono cambiate. La natura del self-service ha portato ad un nuovo tipo di concorrenza, la logica degli scaffali e l’azione sul punto vendita. Al marketing dei brand “industriali” si sovrappone quello dei distributori, il cui cuore sono le loyalty card e lo sviluppo di marche commerciali. La modernizzazione del commercio che ha attraversato l’Italia a seguito della riforma Bersani del 1996 ben rappresenta l’ordine del cambiamento. Se allo scenario così delineato della distribuzione si aggiunge la proliferazione dei canali e delle iniziative di comunicazione, appare evidente la complessità di sviluppare un’esperienza unitaria legata al brand. Ecco quindi la diffusione dei flaghship stores come emblema dell’esperienza capace di contribuire all'immagine di marca con associazioni mentali uniche e positive. Il succo è che gli aspetti legati all’esperienza assumono un’importanza crescente per ogni tipo di brand. Le motivazioni sono diverse. Innanzi tutto, hanno un forte impatto sulla customer satisfaction. Inoltre, in quanto difficilmente riproducibili, possono essere alla base di un vantaggio competitivo sostenibile che differenzia il brand rispetto ai concorrenti. Ovviamente, il discorso non vale soltanto per le imprese profit, ma anche per gli altri due pilastri del sistema: il settore pubblico e il no profit. La logica di marca e dell'esperienza potrebbero contribuire al miglioramento del rapporto tra cittadini e PA ed alla creazione di legami emotivi ancora più forti tra le no profit ed i loro pubblici.
Friday, September 18, 2009
La dimensione esperienziale del consumo
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