Saturday, September 12, 2009

Le conseguenze economiche della rete

Lo scenario che viviamo oggi è definito da molti società dell’informazione. Nonostante la definizione sia apparentemente monolitica, i suoi tratti principali sono in relazione ossimorica tra loro. La presenza diffusa dell’information e communication technology, infatti porta da un lato ad un sovraccarico (overload) informativo, dall’altro a nuove forme di emarginazione sociale. Contraddizione che si riscontra anche nella società dell’abbondanza, che in realtà nasconde fasce di haves e have-nots per i quali la concentrazione della ricchezza può essere misurata dall’indice di Gini. Qua potremmo distinguere tra i webbed e webbed-not. Per i primi il problema è dato, è il caso di dirlo, dall’imbarazzo della scelta. L’informazione è a portata di mano, non è più una risorsa scarsa per se. Ciò che scarseggia veramente è l’informazione rilevante (interessante, importante) per ciascuno. C’è troppa informazione inutile disponibile agli agenti economici per le loro decisioni, troppo rumore di fondo, troppa fuffa. Il web è il database più grande del mondo, ma è esperienza molto comune quella di non trovare ciò che si cerca. Questa è la ragione del successo degli “infomediari”: intermediari di informazione. Sono imprese che selezionano l’informazione rilevante e la restituiscono in maniera user-friendly. Sono Google, Bling, Yahoo! & company. L’information overload ha implicazioni per l’offerta e per la domanda. Per le aziende è infatti da una parte è complesso e costoso raccogliere informazione rilevante per prendere decisioni, dall’altra è sempre più difficile ottenere gli effetti comunicativi desiderati. L’advertising tradizionale cerca boccate di ossigeno, ma è sempre più difficile superare il rumore di fondo e raggiungere le persone. Dal punto di vista della domanda, invece, l’attenzione si fa selettiva. Il costo della ricerca di informazione in termini di tempo e soldi è minore sul web, la comparazione tra prodotti e prezzi è più semplice e di solito la rosa di alternative disponibili è più ampia. Queste, le conseguenze per l’economia dell’informazione dei webbed. All’altro estremo del filo (un doppino telefonico, se ci arriva), stanno i webbed-not. L’introduzione di una tecnologia così rivoluzionaria come internet ha effettivamente creato una nuova forma di emarginazione sociale. Le persone che non hanno accesso alla tecnologia di rete non restano coinvolte nel resto della società. La differenza tra i due gruppi è il digital divide. Le barriere che separano dall’accesso alla tecnologia sono di due tipi: fisiche e alfabetiche. Le barriere fisiche, cioè la mancanza di hardware, possono essere di natura geografica o monetaria. Alcune zone più o meno remote, infatti, non sono coperte dalla rete. Le persone che vivono in quelle aree e le attività economiche che vi si sviluppano sono isolate. Le tecnologie senza fili (Wi-max e wi-fi) potrebbero risolvere il problema in modo più efficiente rispetto al cablaggio di tutte le aree. Molte aree rurali (viene in mente l’Africa), ad esempio, hanno subito un salto tecnologico passando direttamente alla telefoni cellulare senza lo step del cablaggio. Le barriere monetarie sono invece legate alla povertà diffusa, che può manifestarsi anche in aree urbane. Le barriere di tipo alfabetico, invece, corrispondono ad una mancanza di conoscenza. La rete raggiunge le persone, ma queste non sanno utilizzare il computer o navigare in rete. È una nuova e più subdola forma di analfabetismo. Il primo tipo di barriere è relativamente più semplice da risolvere, con l’aiuto della volontà politica e di sussidi ed investimenti pubblici. Il secondo tipo, poiché riguarda l’istruzione delle persone, è da considerarsi un problema a lungo termine e a più lenta risoluzione. Cosa provoca concretamente il digital divide? I webbed-not non sono in grado di mantenere un certo tipo di relazione sociale mediata, non sono coinvolti nello sviluppo del loro Paese, faticano a trovare un impiego e nei periodi di crisi sono i più colpiti, non sono in grado di migliorare la propria condizione socio-economica e sono quindi potenziali migranti. Queste brevi considerazioni aprono un scorcio magari un po’ diverso, mettendo in luce la necessità di una responsabilità sociale degli operatori di servizi di rete e dei governi insieme a cui è richiesto di affrontare le sfide della società globale in maniera sistemica, anche garantendo l’universalità di quello che sembra essere un nuovo bisogno fondamentale.

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